Think global - Act global - from protest to resistance (it)

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Vogliamo approfittare dell´ambito del 2° foro sociale europeo, dal 12 al 16 Novembre, a Parigi per tra attivisti della "sinistra radicale" (espressione tedesca che intende una sinstra di base e non disposta a pattare con i giochi del potere) la situazione attuale ed il futuro di una politica confrontativa anticapitalista. Vorremmo organizzare uno scambio di idee e ripensare insieme concetti comuni come agire con più efficacia nel futuro. Pensiamo che nella sinistra "radicale, che vuole un cambio fondamentale della situazione attuale, gli manchino strategie collettive.

Se guardiamo i summit degli ultimi anni, sono caratterizzati da vari concetti di resistenza. Dopo Seattle l´aspetto militante, l´aspetto della azione diretta, è diventato centrale rispetto alla recezione del movimento. Abbiamo organizzato la mobilitazione a Göteborg per essere visibile come "sinistra radicale" dentro al movimento antiglobalizzazione e portare avanti una cooperazione internazionale. Alla confrontazione di Göteborg seguí la repressione e la distruzione della infrastruttura di sinistra locale. A Genova abbiamo visto e vissuto un aumento dello scontro e della repressione. Dopo Genova non c´è stata quasi nessuna spiegazione per le azioni del black block, perché questo non rappresentava più che una fugace forma di rivolta di corta durata, senza gruppi visibili, parole d´ordine, slogan e domande.

Le ragioni per la resistenza contro il capitalismo neoliberale le hanno spiegati altri, (che generalmente prendono le distanze dal black block), spesso anche punto di riferimento di gran parte dei soggeti coinvolti nel movimento. Allo stesso tempo i Disobbedienti ( per intenderci le ex Tute Bianche) sono apparsi come una nuova pratica. Il summit di Copenhagen rappresentava il tentativo di una mediazione (di rendere più comprensibili) le pratiche di disobbedienza e resistenza. la contestazione fu rappresentata in maniera simbolica, ma l´effetto mediatico fu minimo. A Evián e Cancún il movimento è tornato a azioni dirette, però specialmente a Evián si è vista la mancanza di un coordinamento tra gruppi di sinistra. Vediamo la necessità di rendere comprensibile, di comunicare la resistenza, vedendo l´aspetto della discussione come parte di questa comunicazione. Per noi il black block nella sua forma attuale non è un punto di riferimento durante i summit, ma rifiutiamo anche la "semplice e gentile testimonianza" delle ingiustizie e gli "appelli ai potenti".Non abbiamo assolutamente la speranza che gli argomenti sovranisti od etici possano convincere anche i burocrati del capitale. Vogliamo quindi disegnare insieme a voi una politica che si comunichi come confrontativa/conflittuale, e che apra per altri la possibilitá di partecipare, e che efficace pure nella comunicazione "esterna" apra possibilitá d´influenza politica. È chiaro che le possibilitá per una politica confliggente variano da paese a paese. Noi pensiamo che i vari gruppi dovrebbere spiegare e chiarire queste condizioni agli altri per descrivere cosí l´ambito delle possibli azioni .

Il dibattito di Parigi vorremmo strutturarlo in tre parti. Per la prima parte abbiamo delle domande da porre a tutti. Anche se non tutti devono rispondere a tutte le domande. I gruppi dovrebbero scegliere le proprie prioritá e preparare un intervento di circa 15 minuti. Nella seconda parte l´idea è di presentare il concetto dei disobbedienti/disobbedienza, visto che é il concetto che sta generando più interesse in quanto comunica con il conflitto. Quali parti di queste pratiche possono essere d´interesse per "altri"? Qual´è la critica? La terza parte si occuperà di prospettive e possibilitá di azioni comuni, creazione di reti e una cooperazione futura. Rispetto a ció presenteremo una proposta concreta. Altre proposte sono naturalmente benvenute.

Il dibattito avrá la forma di una discussione aperta evitando gli interventi "precotti" o da conferenza. Sabato 15. novembre alla manifestazione vorremmo formare uno spezzone, tutti insieme.